LO STRAORDINARIO STILE DEL NAJHU-L-BALAGAH

Chiunque abbia una buona conoscenza della lingua araba sa che lo stile del sacro Corano è impareggiabile. Nessun libro, nessun discorso, nessuna poesia è in grado di superarlo; esso esprime elevatissimi concetti attraverso frasi straordinariamente concise ed eleganti, e questo è uno dei tanti aspetti della natura miracolosa di questo celeste libro: nessuno sarà mai in grado di esprimersi come fa il sacro Verbo di Allah. A tal proposito, lo stesso Corano afferma: “[O Profeta] se anche tutti gli uomini e i jinn si riunissero per creare qualcosa di simile a questo Corano, non ci riuscirebbero, quand’anche si aiutassero gli uni con gli altri”[3]

I letterati di tutte le nazioni e di tutte le religioni ammettono che il Nahju-l-balagah possiede un inimitabile stile. A titolo d’esempio citeremo di seguito le affermazioni di alcuni di questi dotti.

Il grande sapiente sciita Sayyid Raziyy, che era uno dei maggiori letterati della sua epoca e che consacrò molti anni della sua nobile vita alla raccolta delle straordinarie tradizioni del Nahju-l-balagah, nella prefazione di quest’opera afferma: “…Il Principe dei Credenti è un’infinita fonte di eloquenza, anzi, ne è l’origine. Lui ha svelato i segreti di quest’arte e dalle sue parole sono state tratte le regole dell’eloquenza. Ogni abile oratore si fa guidare dal suo metodo, cerca aiuto nelle sue parole, ma, nonostante ciò, egli è sempre il migliore, il sommo maestro d’eloquenza… In effetti, nelle sue parole vi sono i segni della scienza divina, esse emanano il candido profumo delle parole del santo Profeta”. Il Raziyy, dopo aver citato il sedicesimo sermone del Nahju-l-balagah, afferma: “In questo sermone, che è una delle massime espressioni di eloquenza e facondia, sono nascosti sublimi concetti, che nessun acuto sapiente è in grado di penetrarne la realtà… In esso notiamo sublimi dettagli di eloquenza, che nessuno è in grado di spiegare e comprendere. Queste mie parole possono essere comprese solo dai dotti!”[4]

Izzu-d-din Abdu-l-hamid Ben Abi-l-hadíd Al-mu´taziliyy, celebre dotto sunnita del settimo secolo dell’egira e noto esegeta del Nahju-l-balagah[5], nel suo commento alla celebre opera del Raziyy esalta piú volte l’eccezionale stile di questa straordinaria opera. Nella prefazione del commento, a proposito di Alí (A) e del Nahju-l-balagah, scrive: “…Alí (A) è la guida, il signore degli oratori. A proposito della sua parola (il Nahju-l-balagah) è stato detto che essa è inferiore alla parola del Creatore e superiore a quella delle creature. È attraverso le sue parole che gli uomini imparano a parlare e a scrivere correttamente…”[6]

Egli, in piú punti di questo commento, esalta il Nahju-l-balagah con sorprendenti espressioni. Di seguito citeremo alcuni di questi casi.

Nell’undicesimo volume (pag. 153), dopo avere commentato parte del 223° sermone, afferma: “…Se tutti gli oratori arabi si riunissero in un luogo e fosse letto loro questa parte del sermone, sarebbe opportuno che essi si prosternassero per esso, come del resto fecero i poeti arabi quando sentirono la famosa poesia di Udai Ibni-r-riqà´. Quando fu chiesto loro il motivo di questo gesto, essi affermarono: ‘Noi, in poesia, sappiamo dove dobbiamo prosternarci, come del resto voi, nel Corano, sapete a che versetti dovete prosternarvi’”

Nel settimo volume (pag. 214), quando paragona la parola di Alí (A) con quella di Ibni Nabàtah[7], celebre oratore del quarto secolo dell’egira, afferma: “Se gli esperti di oratoria esaminassero, con assoluta imparzialità, queste parole di Alí (A), capirebbero che una riga di Nahju-l-balagah è pari, anzi superiore a mille delle celebri righe scritte da Ibni Nabàtah.

Nel secondo volume (pag. 84), dopo aver citato uno dei forbiti sermoni di Ibni Nabàtah, riguardante la jihad, nel quale egli cita una delle sublimi sentenze dell’imam Alí (A), Ibni Abi-l-hadid afferma: “Guardate come questa sentenza di Alí (A) risalta in questo sermone di Ibni Nabàtah, risplendendo di viva e pura eloquenza. Essa dichiara a chi la sente che deriva da fonte ben distinta da quella da cui deriva il resto del sermone. Giuro su Dio che questa unica frase ha donato al sermone di Ibni Nabàtah una grazia simile a quella che donerebbe un versetto coranico in un discorso normale ”

Nel settimo volume (pag. 201), commentando il 109° sermone, dice: “Chiunque voglia imparare a parlare in modo elegante, a comprendere il valore delle parole quando vengono confrontate fra di loro… rifletta allora su questo sermone!

Jàhiz, uno dei maggiori letterati arabi (visse nel terzo secolo dell’egira), nel terzo volume della sua celebre opera “Al-bayàn Wa-t-tabyín”, dopo aver citato alcune delle sentenze di Alí (A), tra cui la seguente sentenza: “Il valore di ogni uomo è [pari a] quello che sa”[8], afferma: “Se in questa [mia] opera non ci fosse stata che questa sentenza, sarebbe stato sufficiente, anzi piú che sufficiente: la migliore parola è quella breve, che ci evita di usare molte parole, è quella dotata di significato chiaro e manifesto. È come se Dio avesse donato a questa sentenza una veste di splendore e magnificenza, l’avesse ricoperta di un velo di luce e saggezza, affinché sia in armonia con il puro intento, l’elevato pensiero e l’impareggiabile timor di Dio di colui che l’ha pronunciata. È bene sapere che lo stesso Sayyid Raziyy [nel Nahju-l-balagah], dopo aver citato questa sentenza, afferma: ‘Questa è una di quelle sentenze dall’inestimabile valore. Nessuna sentenza è in grado di reggere il confronto con essa, nessuna parola può raggiungerla’”

Concludiamo citando le parole del celebre scrittore cristiano George Jordag, riportate nel suo prezioso libro intitolato ‘L’Imam al Grido della Giustizia Umana’. Egli alla fine del capitolo dedicato alla personalità di Alí (A), a proposito del Nahju-l-balagah, afferma: “In materia di eloquenza è ineguagliabile, è un ‘corano’ disceso a un grado poco piú basso, è una [sublime] parola che contiene in sé tutte le bellezze della lingua araba del passato e del futuro. È cosí eccelsa che è stato detto: “La sua [dell’imam Alí (A)] parola è inferiore a quella del Creatore e superiore a quella di ogni creatura (vol. I, pag. 47)”[9]


[3] Corano XVII: 88.

[4] Nahju-l-balagah, pag. 37 (Ed. Daru-s-sagalain – Qum)

[5] Il commento di Ibni Abi-l-hadid consta di venti volumi e, come ha affermato lui stesso, è stato scritto in quattro anni e otto mesi, esattamente in un tempo pari alla durata del governo dell’imam Alí.

[6] Commento al Nahju-l-balagah di Ibni Abi-l-hadid, vol. I, pag. 24.

[7] Abdu-r-rahím Ibni Muhammad Ibni Ismail Ibni Nabàtah (morto nel 374 A. H.).

[8] Nahju-l-balagah, pag. 512, 81° sentenza (Ed. Daru-th-thaqalain – Qum).

[9] Per maggiori informazioni consultare i seguenti testi:

‘At-taràz’ di Amír Yahyà Alawi (Zaidy): vol. I, pagg. 165-168.

‘Nazaràt Fi-l-quràn’ del celebre scrittore Muhammad Gazàli: pag. 154.

‘Al-jarídatu-l-ghaybiyyah’ del celebre esegeta Shahabu-d-dín Àlusiyy.

‘Masàdiru Nahju-l-balagah’ di Muhammad Muhyi-d-din Abdu-l-hamíd: vol. I, pag. 96).

‘Sharhu Nahji-l-balagah’ del celebre scrittore e imam sunnita Shaykh Muhammad Abduh, prefazione dell’opera, pagg. 9 e 10.

‘Tazkiratu-l-khawàss’ del celebre oratore ed esegeta sunnita Sibt Ibni Al-jawziyy: cap. 6, pag. 128.